lunedì 28 febbraio 2011

Sho ( L’arte della calligrafia Zen)


Il termine sho si riferisce non solo alla calligrafia, ma anche al pennello, alla mano che ha dipinto e all’artista.

Per una corretta pratica sho il pennello deve diventare una estensione del corpo. 

Una persona il cui cuore è offuscato non sarà in grado di tracciare una linea che brilla di purezza.

Una persona  superficiale non può tracciare una linea che rivela profondità.

Una persona che manca di vitalità non può tracciare una linea che risuona con l'energia.

Anche una singola linea rettilinea può essere uno specchio dello spirito.

Si ritiene che la calligrafia non dovrebbe essere prodotta da uno sforzo cosciente, ma piuttosto in uno stato di ma-shin , o "non-mente", cioè  uno stato che è al di là dello sforzo consapevole, del pensiero e dell’emozione.



Per un adepto Zen la realizzazione di una pittura ad inchiostro è un atto spirituale molto simile ad una preghiera, ovviamente non al livello superficiale di richiesta di salvezza ma nel senso che è un momento mistico in cui si entra in contatto con la rivelazione del significato dell’esistenza ed il nostro io svanisce, per entrare a far parte di qualcosa di talmente diverso e più grande da essere incomprensibile razionalmente ed indescrivibile con parole. Non importano il soggetto né il grado di abilità tecnica, è semplicemente un tempo di raccoglimento interiore che prende forma sulla carta, un decidere di staccarsi per un attimo dalla routine quotidiana per coltivare lo spirito.

Queste ultime parole sono tratte  dalla tesi di laurea di Alessandra Russo dal titolo “PITTURA ZEN: SESSHU TOYO E IL ROTOLO LUNGO DELLE QUATTRO STAGIONI”. http://www.sesshutoyo.com/

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