martedì 26 maggio 2009

MAURIZIO ARTIZZU - "Forma e Tempo"

Già da tanto Forma cercava di eludere Tempo, dal giorno in cui Tempo appunto, cinico e spietato espose a Forma ciò che pensava di lei. Trappola alla quale lei stessa non si risparmiò; anzì fu proprio lei a provocarlo, persuasiva e presuntuosa, convinta che il tono dei suoi volumi andasse ben oltre la persistenza e l'intangibilità del suo caro amico.
Tempo inizialmente fece di tutto per evitare un confronto, avrebbe fatto volentieri a meno dall'esporre un giudizio, un suo semplice punto di vista; non riteneva necessario soffermarsi su ciò che gli appariva evidente. Tutto ciò che gli si presentava aveva il chiaro significato della presenza, niente più.
Forma contrariamente al suo caro amico pensò che tanta mutevolezza valesse la pena di essere osservata. Come se stessa anche Tempo non avrebbe più potuto fare a meno di tanta meraviglia: "come puo' non accorgersi che ora son diversa da prima e che pur nella mia mutevolezza la mia sostanza consiste? Fu proprio da queste intime riflessioni che ebbe inizio la sua inquietudine, tanto che perse il controllo del proprio aspetto, o a suo parere lo assunse. Presa da una follia creativa, ma ancor più intenzionata a stupire l'amico, si precipitò in un caleidoscopio di metamorfosi.
In effetti riusci a distogliere Tempo dal suo ritmo perenne, ma questo per lui non fu causa di meraviglia quanto di preoccupazione: per un certo periodo fiducioso dell'intimo patto tra loro, cercò di non fare domande, tanto meno di esporre giudizi sull'atteggiamento di lei, si limitava a starle vicino. In alcuni casi si adoperò affinché potesse esserle di aiuto, pensava che in un certo senso questo era per Forma il modo di esprimersi e di indicargli un luogo o un qualcosa in cui lei sarebbe voluta arrivare per potergli esprimere la sua essenza. Questo appunto e non altro, se non che, un giorno lei, inebriata dal vortice delle sue mutazioni ruppe il silenzio e gli chiese con tono impaziente: "...allora, ti decidi o no a dirmi qualcosa? cosa pensi di me? come ti sembro? ti piaccio?"
Tempo dinnanzi a quelle domande rimase turbato e attonito, fu preso dalla confusione, da parte sua fu tanto l'imbarazzo che non potè fare altro che allontanarsi fulmineo e risoluto. "Come ha potuto arrivare a questo?, non ci siamo mai chiesti niente, niente che soffermasse il nostro corso, la nostra risoluta esistenza, ed ora mi chiede conto del suo aspetto, un giudizio del quale lei stessa presume di essere l'artefice". Ogni fuga ogni tentativo di eludere la domanda di Forma si dimostrava per Tempo impossile; sapeva della onnipresenza di lei, del fatto che erano complementari uno dell'altro, ed in questo consisteva il patto, nel corrispondere l'uno all'esistenza dell'altro. Erano il colmo l'uno dell'altro.
Questa chiara e palese evidenza non aveva mai posto dei dubbi o delle incertezze. A Tempo non rimase che una considerazione: quella di dover necessariamente dare una risposta alla sua cara amica, con la speranza che il suo giudizio riponesse tutto come sempre era stato.
Sapeva altresì che perché tutto tornasse come prima, avrebbe dovuto in un certo senso scoraggiare Forma dal continuare con quelle strambe evoluzioni. Non gli restava altro che esprimere a forma, i fatti, così come gli si presentavano.

Continua

1 commento:

  1. Che bello...però voglio sapere.. la morale della favola...Ciao! a presto!

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